Poggiò il gomito sulla maniglia e, chinandosi leggermente con la schiena, aprì delicatamente la porta di casa.
L’aria che si respirava all’interno era fresca e pulita, si riuscivano a distinguere le fragranze di lavanda e arancia provenire dal potpourri sulla credenza nel soggiorno, l’odore della saponetta ancora bagnata provenire dal disimpegno e quello della terra sui suoi guanti.
Si mosse cauta, posò le rose appena recise sul piano della cucina e si sfilò i guanti all’interno del lavandino, per poi risciacquarli accuratamente. Prese in mano le cesoie ed iniziò a spuntare le spine dai gambi, una per una. Non era davvero necessario farlo, una volta sistemate nel vaso nessuno avrebbe toccato i gambi di quelle rose, a parte lei, ma un’accortezza in più non avrebbe fatto di certo male.
Quando fu contenta della composizione finale, compiaciuta di sé si diresse verso il bagno a lavarsi le mani. Se le insapono e risciacquò, poi le insaponò ancora e risciacquò… due, tre, quattro volte…
Squillò il telefono. Con disappunto si asciugò le mani ed andò a rispondere al telefono.
– Anna! Che piacere sentirti!
…
– Sì, ma certo che verrò questo pomeriggio, lo sai che non posso mancare al nostro appuntamento del mercoledì.
…
– No, non ero a letto come al solito, stavo lavorando in giardino. Probabilmente non ho sentito squillare.
…
– Stai tranquilla cara, se ci fosse qualcosa che non va te lo direi. A più tardi allora, un bacio.
Riattaccò il telefono e tornò al suo lavandino. Prese in mano la saponetta e ricominciò a contare: “Uno, due, tre… dieci!”. Chiuse il rubinetto con il dorso della mano, finalmente soddisfatta, e si asciugò le mani con un foglio di carta assorbente. Tenne poi quel foglio stretto nel palmo per evitare di sporcarsi ancora ed uscì dal bagno chiudendosi la porta alle spalle.
I suoi gatti l’aspettavano già sul divano, accucciati un po’ sul bracciolo e un po’ sullo schienale. Quando si sedette le andarono in grembo e lei iniziò ad accarezzarli, dimenticandosi del fazzoletto che, tra una carezza e l’altra, le scivolò di mano cadendo ai suoi piedi. Quei gatti per lei rappresentavano tutto. Erano molto di più che una compagnia, erano più che animali e, di certo, molto più che persone. Quelle creature erano le uniche capaci di amarla per ciò che era, le uniche che non l’avrebbero mai giudicata, le uniche che non l’avrebbero mai abbandonata.
Scivolò tra i cuscini lasciandosi accarezzare le guance dal morbido pelo del suo unico persiano. Chiuse gli occhi cercando di addormentarsi ma non poteva fare a meno di lasciare che la sua mente andasse avanti nel suo lavoro, a macinare e macinare ancora pensieri, rimorsi. Ripercorse attimi della sua vita, quell’anello respinto con disprezzo… e se invece l’avesse accettato? Oggi probabilmente la sua casa sarebbe piena, la sua stessa vita lo sarebbe. A quest’ora starebbe a raccogliere i pupazzi dei suoi nipotini o a preparare il thè per suo marito. Si godrebbe i fiori e il prato in compagnia, organizzerebbe una cena in famiglia ogni domenica, porterebbe i bambini al parco dopo esserli andata a prendere a scuola…
Ma no! Certamente non era una vita felice quella che le sarebbe capitata. Con molta probabilità avrebbe passato tutti i pomeriggi a stirare montagne di vestiti, a litigare con le nuore, a dover sopportare un vecchio brontolone di fianco a sé che le diceva continuamente come vivere la sua vita e che la faceva sentire una nullità.
Lei aveva fatto la scelta giusta, aveva scelto i vivere libera. Sola, certo, ma libera e indipendente! Quando riaprì gli occhi erano quasi le quattro del pomeriggio! Si cambiò i vestiti, si diete una sistemata ai capelli, raccattò la sua borsa con dentro uncinetti e gomitoli ed uscì di casa. Sul vialetto del giardino, non potè fare a meno di notare che il suo roseto era stato scompigliato. Certamente i figli della vicina, quei mascalzoni, avevano di nuovo giocato a pallone vicino ai suoi fiori. Benissimo, sarebbe stato l’ennesimo argomento da tirare in ballo alla prossima assemblea di condominio.
Al circolo, lei ed Anna avevano preso posto ed erano già al lavoro con i loro uncinetti. Assieme a loro, altre 10 donne conversavano vivacemente, raccontavano delle loro giornate, dei mille impegni che le avevano tenute occupate nella settimana, dei bambini, nipoti, parenti… Lei ed Anna restavano in silenzio, completamente assorte dal loro lavoro. Di tanto in tanto Anna guardava il suo lavoro, l’armonia nei movimenti delle sue mani, gli intrecci che si susseguivano uno dopo l’altro e che davano vita a fiori colorati e perfetti. Si conoscevano da più di 30 anni, eppure ancora non aveva saputo capire chi fosse davvero. Era una strega o una fata? Una vecchia brontolona o una giovane sognatrice?
– Franca il dito, ti sta sanguinando!
Una goccia di sangue caldo cadde sul bianco petalo che stava velocemente sagomando.
– È vero! Curioso, mi sarò punta con una rosa questo pomeriggio in giardino. Strano che sanguini solo ora. E guarda che disastro, ho rovinato la rosa! Come sempre d’altra parte, esiste qualcosa che non sia in grado di rovinare?
Si alzò con uno scatto facendo rotolare il gomitolo candido che teneva in grembo. Le altre donne del gruppo si voltarono a guardarla.
– Tutto bene cara?
– Sì tutto bene grazie, sarà meglio che torni a casa, oggi mi sa che non è proprio giornata.
Raccolse le sue cose e si avviò verso la porta, spalancandola. Una folata d’aria le asciugò una lacrima che le era rimasta imprigionata tra le ciglia.
Racconti all’uncinetto
Racconti all’uncinetto è una collana di racconti di persone che, in qualche modo, sono legate al lavoro a maglia e uncinetto. Sono storie di vita, emozioni, sentimenti…
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