Continuava a strofinarsi gli occhi con il dorso della mano, erano arrossati e lacrimavano per via della polvere che si era sollevata in aria. La scala era ingombra di scatoloni e vecchi ricordi accatastati un po’ a casaccio e riuscire a trovare quel baule, in tutta quella confusione, si stava dimostrando tutt’altro che facile.
Le sue mani avevano passato in rassegna pile di riviste, ninnoli finiti là in mezzo chissà come, bomboniere dei tanti battesimi, comunioni, matrimoni ai quali aveva partecipato nel corso della sua vita. Ciascuno di quegli oggetti per lei aveva un valore, conservarlo era come custodire una parte della propria vita, non avrebbe mai potuto rinunciarci.
Tirò fuori una rivista dalla pila e iniziò a sfogliarla, ad ogni pagina che voltava sentiva una stretta al cuore. Le immagini ritraevano neonati vestiti con delicati abitini lavorati a mano, lenzuolini ricamati, sciarpe con intrecci a maglia. Erano vecchi schemi che aveva letto e riletto tante di quelle volte che poteva quasi ricordare l’ordine di ciascun punto, le sue dita avevano ancora memoria della consistenza della lana, la morbidezza e il calore del filato che scorreva ritmicamente. L’odore della polvere quasi sovrastava quello delle vecchie pagine consunte. Avvicinò il viso ai fogli, chiuse gli occhi. Finalmente l’odore di polvere iniziava a sparire lentamente e i ricordi acquisivano una nuova percezione sensoriale, era come se riuscisse distintamente ad annusare il profumo di quegli anni, udiva il tintinnio dei ferri che lavoravano veloci. Restò così alcuni secondi, quei pochi attimi però le bastarono per ripercorrere ogni attimo della sua vita. Il giorno del suo matrimonio. Il suo ventre che si ingrossava. Il giorno in cui vide il suo unico figlio partire per andare a percorrere la sua strada, una strada lunga un migliaio di chilometri e tante ore di viaggio. Fino a quel giorno, la sua vita era volata via. Gli anni si erano susseguiti uno dopo l’altro, mangiati dal tempo come fossero acini di uno stesso grappolo, dolci. Ma da quel giorno in poi, molte cose cambiarono. Era come se il tempo si rifiutasse di passare, ogni giornata era uguale alla precedente. Si guardava allo specchio e vedeva sempre la stessa faccia. I capelli si imbiancavano tuttavia, qualche chilo si aggiungeva alla sua corporatura, la vista iniziava ad indebolirsi. La sua giovinezza stava sfiorendo, eppure tutto attorno a lei era sempre così dannatamente uguale al giorno precedente.
Sollevò il viso dal giornale, aprì lentamente gli occhi. Una folata di vento aprì la porta che, in cima alle scale, dava sul terrazzo. La polvere le andò nel naso e la fece starnutire forte. Fu in quel momento che, strizzando gli occhi per assecondare l’impulso, vide un bagliore metallico in un altro cumulo a metà scalinata. Si alzò stirandosi la schiena e vi si diresse. Spostò un vecchio ferro da stiro, qualche damigiana di vetro, alcune sedie incastrate l’una sull’altra. Era sepolto là sotto quel vecchio baule, al riparo dalla polvere e dalla luce, ma intaccato dall’umidità e dal tempo. Il suo cuore batteva forte nell’estrarlo dalla sua sede, sperava davvero di trovarci dentro ciò che stava cercando.
Il baule pesava e il fatto che fosse stato sistemato proprio a metà scalinata rendeva il lavoro ancora più delicato e difficile. Non le importava del male alla schiena, della sua pressione alta, dei mancamenti che le venivano do tanto i tanto. Caricò il suo prezioso tesoro sulle braccia e iniziò a scendere le scale lentamente. Tanta era l’emozione di averlo tra le mani, che non sentiva alcun peso gravarle sulle ginocchia.
Con un tonfo, lasciò cadere il baule davanti alla poltrona. Ci si sedette. Con le dita che quasi le tremavano, aprì i fermi del baule e lo aprì. Restò a guardarlo qualche istante, le lacrime avevano già iniziato a scorrerle lungo il viso. Prese tra le mani alcuni bavagli per neonati ricamati a mano. I fiori cuciti erano rosa confetto, intrecci verdi di rami e foglie orlavano il bordo della stoffa. Se li mise in grembo, li accarezzò delicatamente con la punta delle dita. Tornò al baule, estrasse una morbida copertina in lana bianco candido fatta all’uncinetto. Era il suo primo lavoro le la tenne occupata per mesi interi, il primo e forse anche il più complesso. Bellissime rose in rilievo si alternavano a delicati intrecci. Una copertina destinata certamente ad una carrozzina rosa, com’era buffa la vita. Altre roselline sempre lavorate all’uncinetto erano sparse nel baule, forse delle applicazioni residue di qualche altra lavorazione. Abitini da battesimo, anche questi per femminuccia. Una cuffietta, delle scarpine bianche.
Là, sul fondo del baule, una foto. Apparentemente la foto di una bimba di un anno, delicati boccoli biondi le incorniciavano il viso. Carnagione candida, tenere guance paffute, sguardo che la dice lunga. Ma no, non era una bambina, era la foto di suo figlio. A riguardarla dopo tanti anni, aveva una fitta al cuore. Si sentiva in colpa per non aver accettato fino in fondo che la sua creatura fosse un maschio. Beh, certamente non nei suoi primissimi anni di vita. Con il tempo seppe imparare ad apprezzarlo, era pur sempre suo figlio dopo tutto, e lei lo amava con tutta sé stessa. Ciò non toglie che, in una famiglia patriarcale come quella in cui lei ha vissuto fin da piccola, con tanti fratelli maschi e nessuna femmina con la quale poter passare l’infanzia e l’adolescenza, aveva tanto desiderato avere una figlia. Era convinta che l’avrebbe avuta, quando il medico le annunciò la sua gravidanza. Che pena fu per lei avere tra le braccia un maschio. Più di trent’anni erano passati da allora, tanto, troppo tempo.
Il telefono squillò forte, facendola trasalire. Si alzò di scatto e si precipitò alla cornetta.
– Pronto? – disse con un filo di voce.
– Mamma, siamo appena usciti dall’ospedale.
– Beh com’è andata, che vi ha detto il medico?
– Tutto bene mamma, è una femmina!
– Che bella notizia tesoro! Corro a chiamare tuo padre!
Chiamò il marito perché andasse al telefono, mentre lei tornò al suo baule. Risistemò gli abitini con estrema cura, accarezzandoli uno ad uno. Tornò alla scala, recuperò la rivista di schemi che aveva lasciato aperta su un gradino e la portò sulla poltrona. Li guardò piangendo di gioia e disse piano:
– Rimettiamoci al lavoro.
Racconti all’uncinetto
Racconti all’uncinetto è una collana di racconti di persone che, in qualche modo, sono legate al lavoro a maglia e uncinetto. Sono storie di vita, emozioni, sentimenti…